domenica 30 marzo 2014

AMICI MIEI, VOLETE PROVARE I FAGOTTINI DI MELANZANE DI UGO?

Il Perozzi, il Necchi, il Melandri, il Sassaroli e il Conte Mascetti sono cinque amici ultracinquantenni fiorentini che per trovare una valvola di sfogo ai problemi della vita di tutti i giorni si divertono a mettere in atto delle beffe a danno di chi gli capita a tiro.

Dagli schiaffi alla stazione, alla distruzione di paesini passando dalla Torre di Pisa che cade, senza dimenticare le famigerate supercazzole, nessuno e' al sicuro dalle loro zingarate.

Il film e' da vedere (e rivedere) non solo perché rappresenta uno dei capisaldi della commedia italiana, ma anche perché presenta molte sfumature che superano le bricconate dei nostri protagonisti per andare a mettere il dito nella piaga del decadimento della società italiana…e pur essendo una pellicola girata quasi quarant'anni fa e' dolorosamente contemporanea.

Il primo di aprile di avvicina e so che potrete trovare degli spunti di ispirazione molto interessanti in Amici Miei - Atto I, Atto II e Atto III. Inoltre alla fine della giornata per rifocillarvi con una cena per gli amici di beffa vi consiglio di provare le ricette di Ugo Tognazzi. 

Infatti, oltre ad essere un grandissimo attore, Ugo era anche un super appassionato di eno-gastronomia italiana e un eccezionale gourmand, prova ne sono le oltre 1500 ricette da lui inventate alcune delle quali potete trovare sul mio blog (Farfalle Fuxia e Spaghetti alla Sgualdrina) e sul sito de La Tognazza. 

Come antipasto alla vostra cena ecco direttamente dal suo ricettario i... 

FAGOTTINI DI MELANZANE CON CARNE DI AGNELLO DI UGO TOGNAZZI


Guarda la video ricetta con supercazzola :)


Ingredienti per 4 persone: 200gr di polpa d'agnello, 2 melanzane, 1/2 cipolla, 2 filetti di acciuga, 12 olive, salsa di pomodoro (o 2 pomodori pelati), 1 spicchio d'aglio, 1 bicch di vino bianco, mollica di pane, 4 cucch di latte, 1 cucch di basilico, peperoncino, sale, pepe, olio

Tagliate le melanzane per il lungo con una mandolina, salate le fette e mettetele a perdere l'acqua per circa 30 minuti. Per la salsa di accompagnamento alle olive fate soffriggere in un po' d'olio la cipolla tritata con i filetti di acciughe, aggiungete le olive denocciolate e tritate e fate cuocere per 10 minuti.

Brasate la carne di agnello tagliata a cubetti in una padella con olio, aglio, un bicchiere di vino bianco, sale e pepe. Nel frattempo mettere il pane ad ammollare nel latte.

Per il ripieno, tritate la carne e mischiatela al pane condendo con basilico, peperoncino, sale e un filo di olio. A questo punto potete fare i fagottini: disponete a croce le fette di melanzane, mettete nel centro un po' di ripieno e chiudete le estremità con uno stecchino.

Ugo friggeva i fagottini in abbondante olio bollente io li ho cotti in forno per 30 minuti a 190 gradi. Una volta pronti serviteli con la salsa.


lunedì 24 marzo 2014

L'ARCHITETTO GIUSEPPE LEIDA CI REGALA UNA RICETTA VEGETARIANA!

Giuseppe Leida e' un giovane architetto molto poliedrico che da anni collabora con prestigiosi brand della ristorazione milanese come Panino Giusto e Spontini. 

Le sue attività non si fermano di certo al mondo dell'enogastronomia, ma uno dei suoi progetti più affascinanti e' un giocattolo realizzato con le doghe di recupero delle botti di vino! Vi ho incuriosito???

Quali sono le scelte che ti hanno portato a svolgere la tua professione di architetto qui a Milano?
Sono stato fortunato perché ho trovato un lavoro che mi appassiona e le mie scelte sono tutte legate alla volontà di farlo sempre nel migliore dei modi.

La prima e' stata quella di lasciare la provincia (Saronno) che mi faceva soffrire visto che i progetti vengono assegnati solo a chi e’ "figlio di" oppure a chi ha anche altre aderenze. L'occasione di venire a Milano e' arrivata grazie alla collaborazione con il brand Panino Giusto che ha cambiato il corso della mia carriera. Dopo aver visto una casa che avevo disegnato, i proprietari mi hanno invitato per un incontro perché dovevano ristrutturare gli uffici. Non mi avevano anticipato, pero', che l'idea che avevano in mente era molto più grandiosa: costruire l'Accademia di Panino Giusto che oltre agli headquartes della società contiene uno spazio espositivo, una biblioteca e delle cucine a vista per la formazione. E' stato un'esperienza lavorativa fondamentale nella quale ho messo cuore, anima e mente!

Nel momento in cui la crisi aveva toccato il settore dell’architettura, il mondo della ristorazione milanese stava facendo un notevole passo avanti: i ristoratori di Milano si sono accorti che non c’era l’offerta che poteva essere trovata nel resto del mondo (Londra, Parigi, Hong Kong) e che non si dava la giusta importanza al design. 
Per questo ho scelto di proseguire nel design dei ristoranti, prima di tutto con Antonio Civita di Panino Giusto che, contento dell’evoluzione dell'Accademia, ha voluto cominciare un percorso insieme e mi ha chiesto di lavorare su una decina di punti vendita. Il progetto più bello e’ stato il chiosco di Stazione Centrale, nato da un'idea matta di Antonio di partecipare ad una gara dove abbiamo battuto marchi molto più grossi (My Chef, Autogrill). Funziona a meraviglia grazie alla semplice intuizione di mettere un soppalco con 16 posti a sedere che ha aumentato il fatturato e l'appeal della struttura. 

Poi c'e' stata la conoscenza di Massimo Innocenti (proprietario della catena di pizzerie milanesi Spontini) che aveva visto l’Accademia e qualche altro mio lavoro. Insieme abbiamo sviluppato il nuovo format take away che ha appena aperto dietro al Duomo e l'idea di una Scuola della Pizza che spero partirà presto. Con lui farò altri due ristoranti.

L’architettura e l’interior design di un ristorante sono fondamentali: a cosa ti ispiri quando disegni una nuova location? 
Mi concentro sull’esperienza del cliente, il menu e il design. Partendo dal menu posso capire quanto un cliente starà a tavola, per esempio, un cliente Spontini starà seduto dai 6 ai 12 minuti, uno di Panino Giusto 34 minuti, mentre l'avventore di ristorante un'ora e mezza. Quindi studio il confort di esperienza della seduta, dell’imbottitura e del tavolo. Quando ho conosciuto Massimo Innocenti sapevamo che il punto vendita take away Spontini sarebbe dovuto essere anche più veloce degli altri per questo ho usato per i tavoli materiali come l'acciaio e la ceramica pulibili molto velocemente in modo da preparali il prima possibile per il cliente successivo. 


Infatti da quando sei arrivato tu questi due marchi storici milanesi hanno subito un'evoluzione nel loro design.
Probabilmente perché io ascolto tanto e sono riuscito a spiegare come si possa spostare l’asticella se si conosce il gioco. Pensa che per il nuovo Spontini vicino al Duomo mi avevano chiesto di tenere logo tradizionale e il forno rosso…ebbene se date un'occhiata al nuovo format (ndr. foto qui sopra) capite quanto li abbia convinti a cambiare idea. Il rinnovamento del design di un marchio e' molto importante sia nel caso in cui nello sviluppo ci sia l'intenzione di aprire all'estero sia perché i centri delle città sono sempre più globalizzati. Per questo vado spesso all'estero per documentarmi e sono aperto a collaborazioni internazionali come quella con l'architetto di Barcellona Sandra Tarruella con la quale ho disegnato il Panino Giusto di Largo Carrobbio (MI).

Quali sono i punti forti del nostro design/architettura nella ristorazione che ci fanno riconoscere all’estero?
Panino Giusto di Largo Carrobbio (MI)
Oggi c’e’ una moda legata ad un design anglosassone che sta condizionando tanto anche i designer italiani. Secondo me l’unico modo di imporci, e qualcuno ci sta provando, è di portare il massimo dell’esperienza dell’artigianalità italiana sulla produzione del tavolo, della lampada, sulla scelta della carta da parati. Questo perché ci sono delle abilità che trovi solo in Italia, e non solo per quanto riguarda i materiali, ti porto come esempio l'azienda di artigiani del legno Riva 1920 a cui e' stato richiesto di produrre per Eataly Milano un tavolo di 12 metri in legno kauri. 

L'utilizzo dell'artigianalita' era il punto forte degli architetti degli anni ’50 (Castiglioni, Caccia Dominoni) forse perché erano più umili di quelli di oggi, forse perché avevano più tempo o dei committenti che investivano maggiore ricchezza. Se noi riuscissimo anche oggi ad applicare questa filosofia cambiando l’esperienza del cliente potremmo veramente fare la differenza e salveremmo il comparto produttivo italiano.

Pero' tu non disegni solo ristoranti...
Giusto, faccio anche altro: appartamenti, ville, ristrutturazioni interne e design dell’oggetto.
In quest'ambito una delle creazioni che mi rimane più nel cuore e' "Tino Cavallino" che ha partecipato al progetto Barrique di San Patrignano. L'ideatore, Maurizio Riva di Riva 1920, ha chiesto a 30 architetti e designer di creare degli oggetti di design che recuperassero il legno delle barrique. Io ho inventato un gioco per i bambini prima di tutto perché mi sono immaginato che un ragazzo arrivato a San Patrignano probabilmente non avesse avuto un'infanzia giocosa, e poi perché ho voluto mettere un po’ di contenuto sociale nel disegno. 

Certo, vista la mia esperienza, mi e' stato consigliato di specializzarmi nella ristorazione, ma io voglio fare architettura a 360 gradi e c'e' una frase dell'architetto Michele de Lucchi che spiega esattamente il mio pensiero. Nel ’73, nel corso di una performance in Triennale, aveva proclamato: “Ascoltatemi, ascoltatemi, io sono un designer in Generale e in generale un designer. Io dono al mondo la bellezza delle cose utili, io sono pagato perché voi possiate vivere nel bello, nel comodo, nel soffice, nel funzionale, nel colorato e nell’allegro….io vi arredo le città, le campagne, il paesaggio, le strade, i palazzi, le case, le stanze, i cessi, le cucine, i tavoli, le sedie, le forchette, i piatti, i cibi, le idee, i gusti, i pensieri, la cultura. Io vi disegno e voi con me imparate ad apprezzare il creato, il cielo, le stelle, le piante e i fiori, le margherite, le bianche margherite.”
Ogni volta che la leggo mi viene la pelle d’oca.

Quale è il progetto di cui vai maggiormente fiero? 
Il prossimo progetto che sto preparando per San Patrignano. All'interno di questa grande comunità (ci abitano 1400 persone di cui circa 1000 ospiti) ci sono unità produttive come l'orticoltura, l'allevamento di bestiame, la falegnameria, la produzione del vino. Questo perché il fondatore Muccioli era solito dire che quello che salvava i ragazzi era la qualità del lavoro. Letizia Moratti, una delle più importanti sostenitrici della comunità, in seguito ad una mia proposta legata allo Street Food ha trovato un microcredito di 30.000 Euro per ogni ragazzo che esce e mi ha chiesto di portare un progetto concreto per mettere questi soldi a frutto. Non so se questa mia idea rientri nel design o nell'architettura, ma di sicuro rappresenta una cosa bella per me e per le persone che potremmo mettere in grado di guadagnarsi da vivere: ho disegnato i camioncini, pensato ai metodi di conservazione, approvvigionamento, logistica e studieremo il menu con uno chef. I prodotti proverranno da San Patrignano che probabilmente seguirà anche la comunicazione e la grafica (si' fanno anche quello ;).

Ti piace il cinema? Quale è il tuo film preferito?
Per me vedere un film bello e’ come ricevere uno schiaffo: mi emoziona talmente che mi rimane in testa. Il mio film preferito e' “The Million Dollar Hotel” di Wim Wenders, una pellicola con una fotografia spettacolare e che trasmette un'immaginario poetico. In una LA senza tempo mentre fuori la vita prosegue normalmente, dentro l'hotel si aggirano dei personaggi improbabili che vivono nel loro mondo. Mi ha colpito perché quando sono completamente assorto nel mio lavoro mi sento un po’ "fuori" come i suoi protagonisti. Inoltre proprio nel periodo in cui è uscito il film sono diventato un professionista quindi me lo ricordo con un affetto pazzesco.

Che rapporto hai con il cibo? 
Una giovane nutrizionista mi ha aiutato trovando la causa di un’artrite alle articolazioni che avevo già a trent’anni, Si trattava di una forma rara di quella che in gergo viene definita ‘gotta', una malattia del metabolismo, che oggi curo con una pastiglia e seguendo una dieta vegetariana.
E’ una malattia che provoca dei dolori incredibili, comparabili a quelli del parto, e se per stare bene non devo mangiare carne e bere vino rosso, va bene così!
Comunque, mi piace tantissimo cucinare e ti voglio regalare la ricetta delle Polpette di melanzana e grana con cuore di scamorza

Quali sono i passaggi di questa ricetta?
Ingredienti per 12 polpette600 gr di melanzane, 150 gr di grana150 gr di pangrattato2 uova80 gr di scamorzaprezzemolosale

Tagliare le melanzane a dadini piccoli e mettere a bollire una pentola d'acqua. Quando l'acqua bolle, sbollentare i dadini di melanzana per 4 minuti. Scolare i dadini e con un cucchiaio o uno schiumino, strizzare per asciugarli più possibile.


Ridurre i dadini a crema con un frullatore. Successivamente aggiungere le uova, il grana e parte del pangrattato. Insaporire con sale e prezzemolo a piacimento. Continuare a frullare fino ad ottenere un impasto ben amalgamato. Ridurre la scamorza a dadini per farne i cuori delle polpette. Con la crema di melanzane ottenuta preparare le polpette intorno ai dadi di scamorza.

Mettere in forno a 180 gradi su una teglia con della carta forno. Lasciare in cottura fino a quando le polpette non sono dorate!

E visto che e' un bravissimo architetto e designer il risultato ce l'ha disegnato :)


domenica 23 marzo 2014

LA SELFIE VIDEO RICETTA DI RATATOUILLE…C'E' UN TOPO IN CUCINA!!


Io ho una grande passione per il gastro-cinema..forse ve ne siete accorti seguendo la mia rubrica su Radio Deejay e leggendo il mio blog :) e non posso fare a meno di farmi una classifica mentale sui migliori film di sempre che incarnano queste due meravigliose arti: sicuramente Ratatouille è uno dei più ben riusciti di sempre!!

I have a passion of food-movies…perhaps you already imagined that listening to my radio show and following my blog :) and I can't help creating for myself a chart of the best films that link these two wonderful arts: of course Ratatouille is one of the best ever made!!

Non solo perché gli sceneggiatori geniali hanno deciso di stupire il pubblico mettendo un topo/chef in cucina, ma anche perché alla fine del film lo vorresti anche davanti ai tuoi fornelli di casa.

Not only because the genial screenwriters that wrote the movie decided to startle us putting a rat/chef in the kitchen, but also because at the end of the film anyone would want to take him home and cook for us!

In suo onore mi sono cimentata nella preparazione della Ratatouille ideata da Remy "insieme" al pluristellato chef Thomas Keller, la cui prestigiosa consulenza è stata richiesta dai produttori della Disney.

In his honor I tried to prepare the Ratatouille presented in the movie by Remy and created by the Michelin star chef Thomas Keller for the producers.

RATATUOILLE 


La video ricetta in italiano!



The video recipe in English



Per la ricetta scritta potete andare sul mio nuovo sito Food and the Movies!

For the recipe you can go on my new website Food and the Movies and to know ALL my culinari secrets you can subscribe to my Skillshare lecture! Use this special link to test all my courses for free for two months before deciding is you want to become a Premium Subscriber!

lunedì 17 marzo 2014

ALESSANDRA ROTONDI CI SVELA I SEGRETI DI UNA SOMMELIER NEWYORKESE

Sommelier, giornalista, scrittrice e ideatrice delle Wine Seduction Dinners, Alessandra Rotondi da 7 anni incanta New York con la sua grande conoscenza di vini e Italian lifestyle

La bravura di Alessandra non si ferma di certo alla Grande Mela infatti più di 20 ristoranti di diverse città del mondo richiedono le sue consulenze! La passione per il vino le scorre nel sangue, volete sapere perché?

Parlaci di te: quali sono i tre punti di svolta della tua vita che ti hanno portato dove sei ora?
Per assurdo sono tre motivazioni negative che ho saputo rivisitare e trasformare in impulso positivo ad iniziare una vita nuova:
1) Una lunga convivenza con l’anoressia che mi aveva portato per tanti, troppi anni, a rifiutare qualunque cosa potesse essere ingerita. Decidere di cambiare professione (ero funzionaria dell’Ambasciata dell’Ecuador in Italia) e buttarmi nella ristorazione è stata la mia sfida: o soccombevo dovendo interagire quotidianamente con il cibo che altri mangiavano sul quale dovevo consigliare un abbinamento vino, oppure imparavo a conoscerlo, a non averne paura, apprezzarlo, scriverlo, promuoverlo. Con tenacia e fede, ha vinto la seconda possibilità.

2) New York: mi colpì moltissimo la tragedia dell’11 Settembre 2001 che ho seguito come molti dalla TV vivendo ancora a Roma. Non riuscivo a pensare ad altro pur non conoscendo nessuno a New York che per me era solo una città visitata da turista, senza che nemmeno mi piacesse tra le altre cose. Ma vedere la tragedia in diretta mi impose di chiedermi “cosa sarà mai la mia stupida difficoltà a mangiare in confronto a tanto dolore universale?” A Novembre 2001 mi presi un mese di ferie dal lavoro e venni a stare a New York per immergermi in quel dolore ed invece trovai tanta energia positiva dei Newyorkesi che, seppur in lutto, volevano ripartire, elargendo sorrisi e coraggio a tutti. Mi dissi: “voglio riniziare la mia vita qui, ricaricando le mie pile scariche proprio a New York”.

3) Senso di colpa nei confronti di mio Padre morto prematuramente, originario di San Gusmè, gioiello nel Chianti Classico. Il suo amore per le suo origini lo portò a comprare una vigna nei Castelli Romani che lui stesso curava, dove costruì da solo una villa per le nostre scampagnate. Non gli diedi mai grande soddisfazione, nel senso che da brava adolescente, la vigna o fare il vino non era certo uno dei pensieri primari. Ero anche ostinatamente astemia.

Il dolore di queste tre cose si è trasformato in positività: ho chiuso una vita e, dopo un fondamentale corso all’AIS di Roma per imparare l’ABC del vino ed uno stage in cantina presso il ristorante Gusto di Roma, ho capito che questo ambiente mi piaceva. Scelte ponderate sui tempi e modalità mi hanno portato dove sono ora.

Che cosa ti ha affascinato del mondo del vino? Hai già trovato la bottiglia perfetta o la stai ancora cercando?
Un vino buono nasce dopo un enorme lavoro ed una grande fede. Non si possono avere risultati immediati. Ci vuole costanza e pazienza. E determinazione a ricominciare tutto da capo se un anno, per condizioni avverse climatiche o altro, si deve “saltare un turno”. Questo mi affascina: i lavori svolti in vigna e in cantina insegnano la vita. Mi auguro di non trovare mai la bottiglia perfetta per continuare a cercarla sempre.

Gli chef uomini sono i più conosciuti e premiati, è lo stesso anche per gli esperti di vino? Quante sommelier donne ci sono?
Sono molto contenta dell’incremento del numero di donne che a vario titolo sono coinvolte nel wine business. Orgogliosa di fronte ai numeri “rosa” di titolari di aziende. Da quello che so, ci sono molte Sommelier diplomate, ma ad esercitare la professione in ristorante, almeno a New York, siamo ancora poche.

Nel tuo lavoro hai avuto modo di incontrare/lavorare con molte celebrities internazionali, quale di loro ti ha stupito per la conoscenza dei vini italiani?
Chris Noth, ovvero Mister Big di “Sex & the City” che proprio come il personaggio che impersonava ha una buona cultura vinicola. Ma mentre nella fiction beveva sempre vini francesi, nelle cene che abbiamo condiviso ha ordinato, con cognizione di causa, buoni nomi ed annate di Barolo ed Amarone.

Con Wine Seduction hai associato il vino alla seduzione, quale è stato il tuo evento più eccitante?
Le Wine Seduction Dinners presentate da Zagat, nome che negli Stati Uniti significa la casa editrice più famosa di guide della ristorazione, viaggi e lifestyle oltre che essere il cognome di due coniugi la cui popolarità è immensa. Per due “San Valentino” di seguito, Zagat ha fatto sue le mie cene/degustazioni presentandole con il proprio logo e mettendo l’annuncio online: sold out nel giro di pochissimi minuti e richiesta di bissare le cene anche il 15 ed il 16 Febbraio. Mai San Valentino è durato così tanto a New York!

Il film Sideways incarna il binomio “vino e cinema”, ti è piaciuto? Cosa ne pensi dei vini americani?
Mi piacque molto il film, soprattutto quello che disse Maya, una dei personaggi in cui molti di noi si sono ritrovati totalmente: “Il vino è un essere vivente. Amo immaginare l’anno in cui sono cresciute le uve di un vino. Se c’era un bel sole…Se pioveva. E amo immaginare le persone che hanno curato e vendemmiato quelle uve. Se è un vino d’annata, penso a quante di loro sono morte. Mi piace che il vino continui ad evolversi. Mi piace pensare che se apro una bottiglia oggi, avrà un gusto diverso da quello che avrebbe se l’aprissi un altro giorno. Perché una bottiglia di vino è un qualcosa che ha vita. Ed è…in costante evoluzione e acquista complessità. Finché raggiunge l’apice… E poi comincia il suo… lento… inesorabile declino”
I vini americani, molti, sono perfetti, impeccabili, creati da passione, lavoro sapiente e giusta metodologia. I nostri hanno qualcosa in più: una tradizione pluricentenaria che si ritrova nel bicchiere e che nessun enologo può riprodurre.

Quale è il tuo rapporto con il cibo? Raccontaci il ricordo a te più caro legato ad una ricetta.
Nonostante i miei trascorsi, io ho sempre adorato il cibo, ma nei momenti bui l’ho rifiutato. Ora, in questa nuova vita, non dimentico i miei primi amori che sono le cose più semplici della nostra tavola: pane (sono una mangiatrice di pane, tutte le tipologie, insaziabile), olio d’oliva, pomodori, formaggi a pasta fresca e dura non troppo stagionati e zuppe di verdure o legumi. La pizza è, è stata e sarà sempre il mio piatto della gioia da condividere con le persone care.

Che abbinamento ci consigli?
Facciamo un abbinamento con la pizza? Immaginiamo una Margherita? Non me ne vogliano i colleghi: ordino una birra, una del variegato, incredibile, pazzescamente ricco mondo delle birre italiane. E sulla marca... abbiamo tempo per un’altra intervista? 

domenica 16 marzo 2014

UN VIAGGIO GASTRONOMICO NELLA MENTE DELLO CHEF VIGOTTI DI PECK

Dopo un primo piacevolissimo incontro, ho deciso di conoscere ancora più a fondo il grande talento gastronomico dello chef Matteo Vigotti, capo brigata della prestigiosa cucina di Peck. 
Sono stata ripagata con un vero e proprio viaggio nella cucina gourmet. Allacciate le cinture!

Peck incarna la grande tradizione culinaria milanese, come si inserisce nel vostro percorso una possibile sperimentazione con la cucina di ricerca?
Naturalmente la cucina tradizionale rappresenta le fondamenta della nostra prestigiosa storia e continueremo a proporla, ma io non credo che sperimentare significhi necessariamente snaturare la tradizione anzi può far nascere sinergie gastronomiche molto interessanti. Proprio su questa linea abbiamo recentemente avuto l'occasione di organizzare una degustazione, nella saletta separata del ristorante, per i clienti più curiosi nei confronti della cucina gourmet.

E’ stato un modo di scaldare i motori e mi ha aiutato ad individuare i cuochi all’interno della mia brigata con una maggiore predisposizione per la cucina di ricerca. Infatti, prima dell’apertura del ristorante “Al Peck” il personale era stato ingaggiato per la missione gastronomia e, come puoi immaginare, sono due modi di lavorare completamente diversi.

Come hai concepito i piatti per il menu degustazione?
Immaginando il vitello tonnato

Prima di tutto ho deciso di rinfrescare alcune delle ricette che avevo ideato per il “Novecento”. Anche se mi appassiona molto il lavoro qui da Peck la mia esperienza passata può sicuramente arricchire le mie proposte gastronomiche, infatti, quando ho chiuso il mio ristorante ho soltanto chiuso un cassetto che posso riaprire per ricominciare la mia ricerca. 

Per quanto riguarda la realizzazione di piatti completamente nuovi prima di tutto tendo sempre a segnarmi le diverse sensazioni che mi derivano da un ingrediente. Infatti, a meno che non si vada all’estero, tutti gli ingredienti sono già conosciuti, ma a volte l’affiancamento di ingredienti non comunemente utilizzati a prodotti che nascono nell’incrocio delle stagioni può scatenare delle nuove idee. 

Naturalmente segue la parte di test che al primo tentativo non da' mai il risultato che si persegue: la vera consacrazione si ottiene dopo tre o quattro volte.

Parlaci del menu del pranzo gourmet che hai proposto.
Ho voluto proporre un menù di approccio che si basa sulla qualità del prodotto e sulla coerenza dell’abbinamento. La scelta dei 10 piatti in degustazione e’ in linea con la filosofia di lavorare per quello che il mercato ci chiede e per il momento storico nel quale viviamo: in mezzo a tante incertezze la tavola deve essere curata, ma non talmente tecnica da creare un distacco con l’utente.

Prima dell’arrivo degli ospiti abbiamo sistemato sui tavoli un arredamento commestibile, come lo chiamo io, ovvero i miei grissini di farina di grano di semola e 00 stirati a mano. Si posizionano in piedi in un bicchiere e sono molto stuzzicanti nell’attesa.

Gli antipasti
Salsa tonnata e dadolata
“Immaginando il Vitello Tonnato” (ndr di cui abbiamo già parlato nella precedente intervista) e per fare da contraltare a questo piatto molto di ricerca abbiamo proseguito con un piatto colorato e semplice. La nostra classica salsa tonnata abbinata ad una macedonia di verdure (carota, fagiolini, zucchina, peperone, pomodoro marinda) appena sbianchite in acqua, condite con olio evo e accompagnate da una dadolata della stessa dimensione di filetto di vitello cotto a bassa temperatura e tenuto rosa.

Calamaretto spadellato con olio evo e peperoncino al quale aggiungiamo cipollotto e pomodoro. E’ un antipasto caldo della cucina espressa che possiamo anche completare con delle olive taggiasche.

Brodetto (o succo) di pompelmo con zafferano e maggiorana. Lo prepariamo filtrando una spremuta di pompelmo dove lasciamo in infusione dei pistilli di zafferano e dove, all’ultimo momento, aggiungiamo delle foglie di maggiorana per dare l’aroma. La tonalità del brodo è molto simile all’arancio e un ulteriore tocco di colore e croccantezza viene dato da due gamberi rossi di Sicilia.

Passiamo ai primi.

Risotto mantecato all’olio evo con falde di baccalà alla vicentina, cipolla candita, uvetta di Corinto reidratata in acqua tiepida, fegatini di pollo appena scottati in padella e conditi con il pepe e micro cubetti di panettone spadellati. Il risotto viene mantecato solo con olio e una punta di parmigiano creando una base neutra che possiamo personalizzare. Infatti, a differenza di un risotto mantecato con gli ingredienti da’ al cliente la possibilità di provare le varie combinazioni e giocare con i sapori durante la degustazione del piatto.


Ravioli ripieni di carciofi su una crema di carciofi con scampo scottato e spuma di champagne. Per il ripieno dei ravioli facciamo un trito di scalogno, maggiorana e un poco di parmigiano, togliamo il gambo dei carciofi (che metteremo nella crema), li puliamo fino alle foglie tenere, li tagliamo a spicchi e li cuociamo molto poco perché restino croccanti. A questo punto li abbattiamo di temperatura e li passiamo al tritacarne per conservarne il gusto e ottenere un concentrato di carciofo. A differenza di altri ristoranti siamo fortunati perché nel laboratorio di Peck possiamo preparare la pasta fresca all’ultimo minuto e la poniamo sulla crema di carciofi. Per completare il piatto saltiamo in padella lo scampo sgusciato e con il carapace e le chele prepariamo un ristretto di scampi classico del quale useremo solo qualche goccia per non dare troppo peso al sapore dello scampo. Poi versiamo lo champagne in un bicchiere con qualche granello di lecitina di soia e con il mixer ad immersione incorporiamo aria tenendo il bicchiere inclinato. La presenza della schiuma impreziosisce il piatto anche se sono quasi sicuro che lo champagne sia preferibile berlo!

Ora i secondi

Filetto di Carbonaro d’Alaska (black cod) che abbiamo lasciato in immersione in salsa di soia per una notte, scolato e messo in forno a 180 gradi per 7/8 minuti. Io amo la salsa di soia e il contrasto con questo pesce molto delicato e’ assolutamente perfetto. Mettiamo la salsa in casseruola con miele e qualche rametto di timo e la lasciamo rapprendere piano, finché non diventa quasi un caramello. Per comporre il piatto preleviamo i molluschi di vongole veraci aperte velocemente in casseruola e completiamo con una crema di patate biscotto. Sono una varietà di patate che sembrano già mantecate quindi basta cuocerle in acqua o latte ed emulsionarle con olio evo fino ad ottenere una consistenza vellutata. E’ l’abbinamento giusto per il carbonaro che vista la sua delicatezza ha bisogno di un sapore altrettanto cremoso e fine.

Petto di piccione scottato al carbone vegetale. Teniamo solo la polpa del petto di piccione con la parte superiore rivestita dalla pelle e lo paniamo nel carbone vegetale in polvere che oltre a dare un aspetto molto bello in preparazione presenta anche benefici a livello salutistico. Poi cuociamo in forno a bassa temperatura  per trattenere i succhi all'interno della carne. Scalziamo dalla carne coscia e sovra coscia eliminando la pelle e facciamo un trito con tartufo nero (in questa stagione) e un po’ di schiacciata di patate per ottenere la consistenza di un mini hamburger. Con la polpettina ricostruiamo la sovracoscia e la friggiamo dopo averla ricoperta con la pasta fillo. Affianchiamo il petto di piccione ad una sfera di gelatina vegetale ripiena di sciroppo di granatina (o acqua di melograno) congelata: si gioca con il freddo ghiacciato della sfera e il tiepido della gelatina che crea una membrana intorno al ghiacciolo. Poi aggiungiamo anche degli spinacini novelli saltati in padella e una salsa di carcasse di piccione con un ristretto di vino rosso aromatizzato allo zenzero.

Costata di bovino adulto bavarese. Trovo molto sensato intercalare le ricette gourmet con un piatto che si affida alla grande qualità della materia prima. La carne e' frollata 50 giorni da Paolo (il nostro capo macellaio), la cuociamo su una lastra di sale rosa dell’Himalaia e aggiungiamo al piatto solo una salsa barbecue e un cucchiaio di salsa bernese.  

I dessert (creati con il capo pasticcere Alessandro Diglio)

Gelatina di agrumi con una spuma di limone come pre-dessert per pulire la bocca.

Creme caramel al te' matcha abbinata ad un succo di passion fruit al naturale. Il caramello non deve eccedere per non rovinare il contrasto dell’acido del passion fruit con l'aroma del te' matcha e la cremosita' del latte. Il dolce e’ servito in una fondina molto stretta sigillata con un velo di cioccolato dove sono presenti dei fori che permettono di versare il passion fruit: un piatto di impatto, molto bello da vedere e anche molto concreto.

Foto fornite da Viaggiatore Gourmet - Altissimo Ceto

domenica 9 marzo 2014

RUOTE PAZZE E PASTICCIOTTI PER MINE VAGANTI!

I Cantone sono una famiglia borghese di Lecce proprietaria di un pastificio industriale, una bella villa e un paio di giovani rampolli messi al mondo per continuare la dinastia…peccato che entrambi i ragazzi non siano interessati a lavorare nell'azienda di famiglia e tanto meno ad accasarsi con le fanciulle benestanti del circondario...

Lo rende noto per primo, durante una cena importante, il fratello maggiore quando confessa ai presenti di essere gay e di aver dovuto nascondere se stesso conoscendo la visione molto bigotta dei genitori. Cacciato dal padre, appena prima di avere un lieve infarto, il giovane lascerà il posto del "futuro" della famiglia al fratello Tommaso, da anni fuori casa per studio, e anche lui segretamente omosessuale.

Tommaso tentera' per qualche tempo di adattarsi alla nuova vita, ma sarà l'adorata nonna a fargli comprendere, con un gesto molto eloquente, che nulla deve impedire alle persone di seguire le proprie passioni. 

Questa pellicola divertente, passionale e fuori dagli schemi deve essere accompagnata da un piatto di Ruote Pazze al Pesto di Menta e dai fantasmagorici Pasticciotti leccesi!

RUOTE PAZZE AL PESTO DI MENTA, PANCETTA AFFUMICATA E POMODORI
Tipo di pasta con un ruolo fondamentale nella trama del film, la Ruota Pazza, con i suoi spessori non uniformi e la zigrinatura e' perfetta per assorbire al meglio il sugo. Le più famose sono quelle prodotte dal pastificio Cavalieri dal cui sito ho tratto questa ricetta.

Ingredienti: 200gr di ruote pazze, un mazzetto di menta fresca, 1 spicchio di aglio, 50gr di pecorino grattugiato, 2 cucchiai di olio evo, una manciata di pinoli, 2 pomodori, 50gr di pancetta affumicata.

In un frullatore tritate la menta con lo spicchio di aglio e un pizzico di sale poi aggiungete due manciate di pinoli e un po' di acqua se serve. Una volta che tutto sarà uniformemente tritato mescolate con un cucchiaio il pecorino e l'olio fino ad ottenere una crema.

Spelate e tagliate a cubetti i pomodori condendoli con sale e olio. Soffriggete un una padella la pancetta affumicata fino a che non sara' diventata croccante.

Cuocete le ruote al dente e servite mescolando con il pesto, i pomodori, la pancetta e una manciata di pinoli.


PASTICCIOTTI LECCESI
Ingredienti: 500gr di farina, 125gr di burro, 3 tuorli, 100gr di zucchero a velo, estratto di vaniglia. Per la crema: 500ml di latte, 50gr di farina, 6 tuorli, 1 bacello di vaniglia, 150gr di zucchero.

Cominciate preparando la frolla: unite alla farina il burro tagliato a tocchetti poi impastate aggiungendo anche lo zucchero a velo, i tuorli e l'estratto di vaniglia. Quando avrete ottenuto una palla di pasta compatta copritela con la pellicola trasparente e mettetela in frigo per almeno una mezz'ora.

Per la crema incorporate in una terrina lo zucchero e la farina con i tuorli mentre scaldate a fuoco basso il latte con il bacello di vaniglia. Mescolate il tutto con una frusta sul fuoco fino a che la crema non rapprenda e mettetela da parte a raffreddare.

Togliete la frolla dal frigo, dividetela in parti uguali e tiratela con un mattarello su un piano infarinato. Preparate anche gli stampini imburrandoli e infarinandoli. Foderate gli stampini con la frolla, aggiungete due cucchiai di crema e coprite con un disco di pasta chiudendo bene i bordi. Infornate a 180gradi per 30/35 minuti.

Servite i vostri pasticciotti fumanti!




Guardate la video ricetta!

giovedì 6 marzo 2014

GIAN MARCO FOLCOLINI DI GIALLO ZAFFERANO CI RACCONTA DI FOOD PHOTOGRAPHY

Giovane fotografo toscano di grande talento, Gian Marco Folcolini, dopo le prime esperienze nel campo della moda ha cominciato a collaborare con uno dei siti di riferimento per tutti i food blogger italiani: Giallo Zafferano.

Il suo lavoro a contatto con la cucina l'ha anche ispirato a creare  una gustosissima mostra che potete visitare presso il Boh!? Cafe' (via Stendhal 49, Milano). Volete conoscerlo meglio?

Parlaci di te: quali sono i tre punti di svolta della tua vita che ti hanno portato dove sei ora?
Il primo punto di svolta fondamentale della mia vita è stato quando ho preso coscienza della passione per l'immagine fotografica. Sto parlando dell'ultimo anno di liceo, quando insieme al mio amico e collega Dario Agostini, abbiamo deciso di intraprendere lo studio della fotografia in accademia. Da qui il secondo punto cardine della mia vita professionale; da Firenze decido di trasferirmi a Milano.
Il terzo avvenimento importante, che rappresenta anche la svolta nella mia carriera da professionista è l'inizio della collaborazione con GialloZafferano, che mi ha dato la possibilità di sviluppare la difficile arte di fotografare il cibo.

Food, moda, travel: quale preferisci fra questi tre tipi di fotografia?
Oltre al food, la moda è sicuramente il tipo di fotografia che mi intriga di più, perché dà la possibilità di spaziare tra molte tecniche fotografiche. Anche i concetti che la moda può esprimere sono i più svariati. Si possono affrontare tematiche sociali con la moda. Ecco, mi piace la duttilità di questo tipo di fotografia. Sia per quando riguarda la tecnica, che le tematiche.

Come può essere identificata la fotografia perfetta secondo te? Tu la stai cercando o pensi che un giorno si “presenterà” da sola?
Non penso che esista una fotografia “perfetta”, anzi credo che sia proprio la ricerca utopistica dell'immagine perfetta a portare avanti il percorso di ricerca di un fotografo. Questo permette di studiare nuove tecniche; ma non credo che si possa definire come “perfetta” nessuna fotografia. Anche perchè oltre all'aspetto tecnico, esiste una valutazione soggettiva dell'immagine. Ognuno di noi percepisce qualcosa di diverso da una foto.

Parlaci della tua mostra al Boh!? 
La mostra “Food Frame” nasce proprio negli studi di GialloZafferano. Ho avuto per oltre un anno la possibilità di sviluppare un mio punto di vista sul cibo che fotografavo. Questo mi ha portato a pensare che oltre al singolo piatto, è fondamentale dare risalto agli ingredienti che lo compongono; non volevo che questi ultimi avessero un ruolo secondario nell'immagine. Da qui l'idea di fare degli ingredienti, la cornice del piatto.

Giallo Zafferano è il sito cult di tutti noi food blogger, raccontaci qualche segreto del dietro le quinte: quale e’ stata la foto più difficile da fare e quella che ancora oggi ti fa sorridere?

Una delle fotografie più difficili è stata quella della colla di pesce; è un foglio trasparente! Mentre, ancora rido se penso a quando ho fotografato un soufflè al formaggio appena uscito dal forno; non avevo neanche il tempo di guardare la foto che avevo  appena scattato, perché intanto si sgonfiava sempre di più! E' stato un “buona la prima”.


Quale e' il tuo  film ispirato al food preferito?

Un film che amo molto è “coffee and cigarettes”; non parla prettamente di cucina, ma i protagonisti sono uno di fronte all'altro, ad un tavolo, fumano sigarette e bevono caffè, parlando di cose prive di senso. Penso che questa situazione si possa ritrovare quando siamo seduti attorno ad un tavolo mangiando. Chi è seduto a tavola parla con gli altri, la tavola unisce tutti. E come diceva mio nonno: “A tavola un s'invecchia!”

Tu fotografi ogni giorno i piatti più gustosi: sei bravo in cucina? A quale momento particolare della tua vita è legata la tua ricetta preferita?
Non mi ritengo bravo in cucina. Non sono uno che sperimenta spesso nuove ricette. Diciamo che mi accontento del mio piccolo bagaglio di ricette semplici, tramandate dalla mia famiglia toscana. Mi piace molto cucinare la carne e questo è legato fortemente alle mie origini. Uno dei miei piatti preferiti è il roast-beef. Magari accompagnato con dei fagiolini al pomodoro o dei ceci conditi soltanto di olio aglio e pepe. Amo la cucina semplice!