Sommelier, giornalista, scrittrice e ideatrice delle Wine Seduction Dinners, Alessandra Rotondi da 7 anni incanta New York con la sua grande conoscenza di vini e Italian lifestyle.
La bravura di Alessandra non si ferma di certo alla Grande Mela infatti più di 20 ristoranti di diverse città del mondo richiedono le sue consulenze! La passione per il vino le scorre nel sangue, volete sapere perché?
La bravura di Alessandra non si ferma di certo alla Grande Mela infatti più di 20 ristoranti di diverse città del mondo richiedono le sue consulenze! La passione per il vino le scorre nel sangue, volete sapere perché?
Parlaci di te: quali sono i tre punti di svolta della tua
vita che ti hanno portato dove sei ora?
Per assurdo sono tre motivazioni
negative che ho saputo rivisitare e trasformare in impulso positivo ad iniziare
una vita nuova:
1) Una lunga
convivenza con l’anoressia che mi aveva portato per tanti, troppi anni, a
rifiutare qualunque cosa potesse essere ingerita. Decidere di cambiare
professione (ero funzionaria dell’Ambasciata dell’Ecuador in Italia) e buttarmi
nella ristorazione è stata la mia sfida: o soccombevo dovendo interagire
quotidianamente con il cibo che altri mangiavano sul quale dovevo consigliare
un abbinamento vino, oppure imparavo a conoscerlo, a non averne paura,
apprezzarlo, scriverlo, promuoverlo. Con tenacia e fede, ha vinto la seconda possibilità.
2) New
York: mi colpì moltissimo la tragedia dell’11 Settembre 2001 che ho seguito
come molti dalla TV vivendo ancora a Roma. Non riuscivo a pensare ad altro pur
non conoscendo nessuno a New York che per me era solo una città visitata da
turista, senza che nemmeno mi piacesse tra le altre cose. Ma vedere la tragedia
in diretta mi impose di chiedermi “cosa sarà mai la mia stupida difficoltà a
mangiare in confronto a tanto dolore universale?” A Novembre 2001 mi presi un
mese di ferie dal lavoro e venni a stare a New York per immergermi in quel
dolore ed invece trovai tanta energia positiva dei Newyorkesi che, seppur in
lutto, volevano ripartire, elargendo sorrisi e coraggio a tutti. Mi dissi: “voglio
riniziare la mia vita qui, ricaricando le mie pile scariche proprio a New York”.
3) Senso di
colpa nei confronti di mio Padre morto prematuramente, originario di San Gusmè,
gioiello nel Chianti Classico. Il suo amore per le suo origini lo portò a comprare
una vigna nei Castelli Romani che lui stesso curava, dove costruì da solo una
villa per le nostre scampagnate. Non gli diedi mai grande soddisfazione, nel
senso che da brava adolescente, la vigna o fare il vino non era certo uno dei
pensieri primari. Ero anche ostinatamente astemia.
Il dolore di queste tre cose si è
trasformato in positività: ho chiuso una vita e, dopo un fondamentale corso
all’AIS di Roma per imparare l’ABC del vino ed uno stage in cantina presso il
ristorante Gusto di Roma, ho capito che questo ambiente mi piaceva. Scelte
ponderate sui tempi e modalità mi hanno portato dove sono ora.
Che cosa ti ha affascinato del mondo del vino? Hai già
trovato la bottiglia perfetta o la stai ancora cercando?
Un vino buono nasce dopo un
enorme lavoro ed una grande fede. Non si possono avere risultati immediati. Ci
vuole costanza e pazienza. E determinazione a ricominciare tutto da capo se un
anno, per condizioni avverse climatiche o altro, si deve “saltare un turno”.
Questo mi affascina: i lavori svolti in vigna e in cantina insegnano la vita.
Mi auguro di non trovare mai la bottiglia perfetta per continuare a cercarla
sempre.
Gli chef uomini sono i più conosciuti e premiati, è lo
stesso anche per gli esperti di vino? Quante sommelier donne ci sono?
Sono molto contenta
dell’incremento del numero di donne che a vario titolo sono coinvolte nel wine
business. Orgogliosa di fronte ai numeri “rosa” di titolari di aziende. Da
quello che so, ci sono molte Sommelier diplomate, ma ad esercitare la professione
in ristorante, almeno a New York, siamo ancora poche.
Nel tuo lavoro hai avuto modo di incontrare/lavorare con
molte celebrities internazionali, quale di loro ti ha stupito per la conoscenza
dei vini italiani?
Chris Noth, ovvero Mister Big di
“Sex & the City” che proprio come il personaggio che impersonava ha una
buona cultura vinicola. Ma mentre nella fiction beveva sempre vini francesi,
nelle cene che abbiamo condiviso ha ordinato, con cognizione di causa, buoni
nomi ed annate di Barolo ed Amarone.
Con Wine Seduction hai associato il vino alla seduzione,
quale è stato il tuo evento più eccitante?
Le Wine Seduction Dinners
presentate da Zagat, nome che negli Stati Uniti significa la casa editrice più
famosa di guide della ristorazione, viaggi e lifestyle oltre che essere il
cognome di due coniugi la cui popolarità è immensa. Per due “San Valentino” di
seguito, Zagat ha fatto sue le mie cene/degustazioni presentandole con il
proprio logo e mettendo l’annuncio online: sold out nel giro di pochissimi minuti
e richiesta di bissare le cene anche il 15 ed il 16 Febbraio. Mai San Valentino
è durato così tanto a New York!
Il film Sideways incarna il binomio “vino e cinema”, ti è
piaciuto? Cosa ne pensi dei vini americani?
Mi piacque molto il film,
soprattutto quello che disse Maya, una dei personaggi in cui molti di noi si
sono ritrovati totalmente: “Il vino è un essere vivente. Amo immaginare l’anno in cui sono cresciute
le uve di un vino. Se c’era un bel sole…Se pioveva. E amo immaginare le persone
che hanno curato e vendemmiato quelle uve. Se è un vino d’annata, penso a
quante di loro sono morte. Mi piace che il vino continui ad evolversi. Mi piace
pensare che se apro una bottiglia oggi, avrà un gusto diverso da quello che
avrebbe se l’aprissi un altro giorno. Perché una bottiglia di vino è un
qualcosa che ha vita. Ed è…in costante evoluzione e acquista complessità. Finché
raggiunge l’apice… E poi comincia il suo… lento… inesorabile declino”
I vini americani, molti, sono
perfetti, impeccabili, creati da passione, lavoro sapiente e giusta
metodologia. I nostri hanno qualcosa in più: una tradizione pluricentenaria che
si ritrova nel bicchiere e che nessun enologo può riprodurre.
Nonostante i miei trascorsi, io
ho sempre adorato il cibo, ma nei momenti bui l’ho rifiutato. Ora, in questa
nuova vita, non dimentico i miei primi amori che sono le cose più semplici
della nostra tavola: pane (sono una mangiatrice di pane, tutte le tipologie,
insaziabile), olio d’oliva, pomodori, formaggi a pasta fresca e dura non troppo
stagionati e zuppe di verdure o legumi. La pizza è, è stata e sarà sempre il
mio piatto della gioia da condividere con le persone care.
Che abbinamento ci consigli?
Facciamo un abbinamento con la
pizza? Immaginiamo una Margherita? Non me ne vogliano i colleghi: ordino una
birra, una del variegato, incredibile, pazzescamente ricco mondo delle birre
italiane. E sulla marca... abbiamo tempo per un’altra intervista?
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