A volte vi sembra di brancolare nel buio? Non avete idea di dove stiate andando e a cosa stia portando la vostra vita?
Beh vi capisco, ma non e' nulla in confronto alla sensazione di vuoto assoluto che prova l'affascinante protagonista di BLINDSPOT, ritrovata nuda, coperta di tatuaggi e priva di memoria in un borsone nel mezzo di Times Square.
Chi e' questa donna, per ora chiamata con il nome di Jane Doe? Cosa significa la ragnatela di disegni, cifre e scritte sul suo corpo? Chi ha voluto che fosse trovata in modo cosi' plateale? A queste e altre decine di domande dovranno rispondere gli agenti dell'FBI che la prendono in custodia, capitanati dall'eroico Kurt Weller, unico al mondo che sembra avere un collegamento con lei.
Ben presto gli investigatori inizieranno a decifrare i circa 200 tatuaggi per risalire all'identita' della donna e risolvere il puzzle di misteri che la riguardano. Infatti, ogni episodio si concentra sulla soluzione di uno o due tatuaggi per volta, ma visto che ognuno di essi presenta un doppio o addirittura triplo significato tutto quello che ha passto Jane puo' essere scoperto solo nell'ultima puntata.
E per essere sicuri di mettere alla prova i propri spettatori nel modo piu' intrigante possibile i produttori, tra cui spicca il nuovo Re Mida della TV americana Greg Berlanti, sono arrivati a coinvolgere nella stesura della sceneggiatura anche un esperto di puzzle del "New Tork Times".
Il successo straordinario che ha avuto la serie negli Stati Uniti e' sicuramente dovuto alla trama e all'azzeccata scelta dell'attrice protagonista, Jaimie Alexander, che grazie alla sua fisicita' da ex wrestler e al suoi dolci occhi verdi riesce a trasmettere alla perfezione il misto di smarrimento e determinazione richiesto dal suo ruolo.
Ha, infatti, dichiarato: "Mi capita spesso di incontrare persone che vengono da me e vogliono abbracciarmi perche' sono dispiaciute per Jane e per quello che le accade! Altre sono totalmente terrorizzate da me e mi dicono 'Non colpirmi'..."
Inoltre, le disciplina imparata nel suo passato sportivo le e' servita per calarsi nella parte che le richiede di combattere usando le arti marziali, di guidare elicotteri e, soprattutto, di sottoporsi a 6 ore e mezza di trucco per le scene in cui appare discinta.
Non ci resta che trovare tutti i pezzi del puzzle, un tatuaggio alla volta, ogni martedi' su Italia1.
Anche io mi sono preparata per il ruolo della perfetta tv-food blogger e per la mia ricetta da abbinare alla serie ho scelto di usare una spezia miracolosa, la CURCUMA, che ha un benefico effetto sulle capacita' cerebrali legate alla memoria e in India viene utilizzata per aggiungere ulteriore colore ai tatuaggi con l'henne'.
POLLO ALLA CURCUMA
Ingredienti: 300gr di petto di pollo, 2 cucchiai di curcuma, 1 cucchiaio di farina, olio, 1/2 scalogno, 1/2 bicchiere di vino bianco, 60ml di panna da cucina, 60ml di latte, sale, spezie a piacere.
Tagliate il pollo a listarelle e infarinatelo con un cucchiaio di farina e uno di curcuma (il modo piu' efficace e' quello di usare un sacchetto nel quale sbattere il pollo con le polveri). Tritate lo scalogno e fatelo appassire in una padella con dell'olio poi aggiungete il pollo infarinato e cuocete per 2 minuti
Sfumate con il vino per qualche minuto. In una terrina mescolate la panna, il latte, il restante cucchiaio di curcuma e un po' di sale poi versate il tutto nella padella e cuocete per una decina di minuti continuando a mescolare.
Servite condendo con altre spezie a piacere (e se l'avete, in un piatto tatuato ;).
Nel corso delle mie peregrinazioni statunitensi ho incontrato Michela Martello, un'artista italiana di grande talento che abita da molti anni a New York. Michela ha dato avvio alla sua carriera artistica lavorando come illustratrice e poi ha esplorato il campo dell'arte visiva a tutto tondo. Con molte mostre internazionali, diverse commissioni per privati e premi di alto livello Michela ha alle spalle un curriculum invidiabile e davanti a se' un futuro radioso!
Insieme all'arte nella sua vita gioca un ruolo fondamentale anche il buddismo tibetano. La sua conoscenza, ed interessante rielaborazione, del simbolismo legato a questa pratica sono stati riconosciuti di tale valore da portare le sue opere ad essere esibite in ben due mostre: "The Weight of Happiness" presso la Tibet House di NY, terminata a meta' ottobre, e "Transcending Tibet" che rientra nelle attività per celebrare i 20 anni di importante lavoro della Trace Fundation la cui missione e' di sostenere e diffondere la cultura tibetana attraverso le diverse arti.
La preview di "Transcending Tibet", nella quale si potranno vedere anche le opere di Michela, aprirà i battenti il 6 novembre e, oltre ad intervistare l'artista, ho avuto il piacere di scambiare due chiacchiere con la curatrice, Paola Vanzo che lavora per la Trace Fundation da ben 16 anni di cui più della meta' vissuti in Tibet.
"Per i 20 anni della Fondazione abbiamo organizzato diverse iniziative per far conoscere la realtà tibetana attraverso le immagini visto che comunicano molto più delle parole. Oltre alla mostra, infatti, abbiamo tenuto al MOMA 10 giorni di proiezioni di documentari a fine agosto" mi ha spiegato Paola. Sulla mostra ha aggiunto: "Gli artisti che sono stati selezionati rappresentano la cultura tibetana al di la' dei confini geografici: la maggior parte sono tibetani che ancora vivono a Lhasa o che si sono dovuti spostare all'estero (Olanda, Italia, Stati Uniti…) e 4 sono stati selezionati da altri paesi perché fanno loro la cultura come pratica buddista e/o hanno studiato a fondo l'arte tibetana".
Viste queste fantastiche premesse: non vedo l'ora di farvi conoscere meglio Michela!
Parlaci di
te: quali sono i quadri (tuoi o di altri) che hanno segnato la tua vita di
artista?
Sono molti i quadri che mi hanno colpito e continuano a colpirmi: per me la pittura è una cosa magica che trasmette emozioni più di qualsiasi altra forma di espressione artistica!
Nothing is what it seems (M. Martello)
Per quanto riguarda il mio
lavoro, il quadro che ha rappresentato il giro di boa
e che, senza il minimo dubbio, ha cambiato il mio modo di lavorare e' Nothing
it what is seems (2007). E’ stata l'opera tramite la quale ho smesso
di essere illustratrice e ho cominciato ad esprimermi senza filtri esplorando un terreno più artistico e
più libero. Mentre lo dipingevo mi sono accorta che c’era un’intensità
diversa rispetto agli altri lavori e da quel momento ci sono sempre stati dei
cicli di circa due anni che iniziavano/finivano con un nuovo quadro.
Se penso ad altri artisti mi vengono subito in mente gli autoritratti di Van Goghper come è riuscito a dare vita al proprio sguardo. Ogni volta che li vedo mi
riportano con i piedi per terra come una specie di calamita che mi attira nel
mondo reale.
Altre tele che mi segnano sono i lavori di Anselm Keifer. Mi riferisco soprattutto a quelli piu' grandi che
mostrano vedute con una prospettiva perfetta circondata da una natura caotica: un misto tra perfezione e caos.
Le tue due
ultime mostre e molti dei tuoi lavori sono legati al Buddismo e
al Tibet. Parlaci della tua connessione con questa religione e come influisce
sulla tua arte.
Prima di tutto preferisco non
chiamare la mia pratica buddista una religione perché non la vivo come tale. Si usa il
termine religione visto che alcune persone considerano la meditazione una preghiera,
ma per me e’ più uno studio sulla natura della mente dell’individuo.
Il mio interesse si è
manifestato prima con dei sogni poi, seguendo la mia spontanea
attrazione per le filosofie orientali, con molte occasioni di studio. La voce che ho
sentito più forte era inerente al buddismo tibetano perché si esprime in una forma un po’ sciamanica e magica molto connessa all’energia. Infatti, come ti dicevo, il mio approccio non è mai stato dettato
dalla ricerca di qualcosa di religioso, ma spinto dalla volontà di
lavorare proprio sull’energia.
Kan you see me now (M. Martello)
In più c’e’ una simbologia nel buddismo tibetano, intesa come rappresentazioni pittoriche e
illustrative, che mi piace tantissimo anche solo per i colori e le forme.
Sono sempre stata affascinata dai simboli e li uso molto nelle mie
opere. Cerco, comunque, di dare una direzione narrativa al loro utilizzo che è naturalmente condizionato dallo studio e dalla conoscenza dei
simboli stessi perché alcuni hanno una vibrazione diversa da altri.
Però, ti confesso che mi succede anche di dipingere
istintivamente alcuni simboli ricorrenti, come per esempio il coccodrillo,
senza che ne possa spiegare razionalmente il perché. Solo recentemente ho
scoperto che il coccodrillo significa trasformazione, ma non appartiene al
buddismo tibetano…
Da
pochissimo si è chiusa la tua mostra alla Tibet House, “The Weight of Happiness”,
che ho avuto il piacere di visitare. Il peso della creatività come quello della
felicità ha i suoi lati costruttivi e distruttivi proprio come accade nel tuo lavoro:
quale e’ stata la tua opera più sofferta?
La tela di cui ti ho parlato prima, "Nothing is what it seems". Ti giuro, che sono stata sul punto di distruggerla perché pensavo che fosse orrenda e mi hanno dovuto trascinare
fuori casa!
Devo ammettere che ho alle mie spalle un passato di
distruzione, ma e' stato molto utile per aiutarmi acostruire le mie opere. Infatti, nell’ultimo anno questa reazione si manifesta sempre di
meno perché prima di agire sento gli impulsi giusti con i quali
lavorare quindi scelgo colori e tratti sapendo che non sto sperimentando.
In più, io utilizzo una tecnica "distruttiva": dopo aver messo sulla tela degli starti di
colore la disintegro il più possibile per poter ricostruire da
ciò che rimane. Pensa che a volte prendo la tela e la metto nel ciclo più alto
della lavatrice (lo faccio di nascosto da mio marito perché
lui adora fare le lavatrici :)
Transcending
Tibet e' una mostra che da' vita ad una comunità di artisti tibetani e non: tu conosci gli altri artisti anche al di
fuori della mostra?
Molti li conosco di fama
perché alcuni artisti contemporanei tibetani sono diventati famosi e
sono entrati nel circuito dell’arte contemporanea al di là delle provenienze o tendenze. Non bisogna pensare che gli artisti rifugiati tibetani, vista la loro esperienza e cultura, siano diversi dagli altri: abbiamo tutti un ego, siamo ambiziosi, sensibili e desiderosi di creare per farci apprezzare tramite il nostro lavoro.
In occasione della preview della mostra "Transcending Tibet" sono state organizzate delle cene per darci la possibilità di conoscerci
meglio e di questo sono molto contenta.
Come sono
stati scelti i quadri delle tue mostre. Sono quadri dipinti ad hoc?
Salvation Army preparata per la mostra
"The Weight of Happiness"
Per la Tibet House ho messo in mostra 60%
quadri nuovi e 40% vecchi che però erano pertinenti con il titolo “Il
peso della felicità”, per Transcending Tibet la curatrice Paola Vanzo ci ha
chiesto di dipingere un'opera nuova. La mostra ufficiale, dove saremo in 32, e' stata spostata a marzo, ma per la preview di novembre alla quale partecipano solo 10 artisti, non avendo molto tempo di fare pezzi nuovi porterò tre
installazioni e giocherò con degli elementi che erano presenti anche alla Tibet
House.
Sono veramente onorata di essere
stata inclusa in questa preview perche’ potendo esibire più di un
pezzo ho la possibilità di creare un percorso ed esprimere al meglio quello che sono. Inoltre, mi sento molto ispirata dal titolo "Transcending Tibet" perché e' ciò che i rifugiati tibetani sono costretti a fare: dovunque si trovino ricreano un folklore maggiore di quello che c’e’ adesso nella loro patria e che il governo cinese sta distruggendo. Per noi 4 occidentali scelti insieme a loro "trascendere" significa rappresentare la parte del mondo esterno che studia e conosce a fondo la pratica.
In questo senso la Trace Foundation e' molto attiva e si impegna in modo incredibile per far si che la
cultura tibetana sia riconosciuta e resti viva.
Melong (L. Liverani)
Nella mostra e' presente anche un'altra artista italiana, Livia Liverani: che attenzione c'e' in Italia alla cultura tibetana?
L’Italia ha un gemellaggio
fortissimo con il Tibet, pensa che il Dalai Lama ha ricevuto la cittadinanza
onoraria in più di una città e molti maestri tibetani hanno trovato rifugio in
Italia subito dopo l’invasione cinese grazie al professor Tucci, uno dei più
famosi tibetologi degli anni ’50.
Una cosa che ci accomuna molto è che i tibetani sono veraci e molto legati al loro folklore proprio come gli italiani. Recentemente c’e’ stata una manifestazione a Roma dove una folla di
italiani ha gridato “Siamo tutti tibetani”.
Ti piace il
cinema? Quale film ispirato al food e’ il tuo preferito?
Adoro talmente il cinema che sognavo di lavorarci nel dietro le quinte! In particolare, mi appassionano le vite degli
attori: al momento sto leggendo la biografia di Katherine Hepburn.
Sono molte le scene legate al cibo che al di là dell’estetica possono essere davvero nutrienti….però, tutto parte dalla maestria del regista. Per farti un esempio, mi è rimasto veramente impresso il film "Underground" di Kusturica dove si tiene un
pranzo di nozze in una stanza sotterranea con diversi invitati che mangiano e bevono. Questa immagine mi e’ arrivata come un simbolo
fortissimo perché mi ha fatto venire in mente il ventre della madre.
Se parliamo di cibo dobbiamo citare tuo
marito Mauro che e’ un ristoratore di successo a New York: Piadina, uno dei suoi ristoranti e' assolutamente una tappa obbligata! E tu sei brava in cucina?
Non cucino tutti i giorni, ma
mi piace moltissimo! La cosa divertente è che spesso quando mio marito dice “Non c’e’
nulla da mangiare dobbiamo andare al supermercato” due minuti prima io
avevo pensato “Che bello ho il frigo pieno”.
Questo perché mi piace più
cucinare che fare la spesa e allo stesso tempo voglio sfruttare veramente tutto quello che ho in casa: magari io vedo uno spicchio d’aglio e so già cosa
voglio preparare. La mia e’ una cucina molto
istintiva che non si basa su ricette già testate, mi piace soffriggere i
vegetali con il tofu, ci butto lo zenzero, i semi di lino, li salto in
padella…riso, chiodi di garofano… insomma mi invento ogni giorno qualcosa di
nuovo!
Pero’ ci
sara’ una ricetta che ti piace riproporre! Regalaci i passaggi.
Si’ ce l’ho! L'avevo assaggiata
tanti anni fa a Milano ad una festa a casa di amici e mi era piaciuta così
tanto che ho sperimentato fino a che non sono riuscita a ricreare quel sapore
che mi aveva colpito.
Ingredienti: cavoletti di Bruxelles, petto di pollo, mozzarelline, olio, aceto, sale, pepe. Anche se di per se
stessi sembrano poco appetibili, mescolati insieme danno un risultato veramente fantastico!
Lessate i cavoletti e saltate in padella il petto di pollo che una volta cotto deve essere tagliato a cubetti e, se volete, infarinato leggermente. Unite anche le mozzarelline e condite con olio, aceto,
sale e pepe. Buonissimo!
Galline in Fuga è un film d’animazione rimasto nella storia per diversi
motivi: e’ uno dei pochi girati con la tecnica dello stop motion, e’ stato un
vero blockbuster al botteghino americano e internazionale nel 2000, si ispira
al film cult La Grande Fuga con Steve McQueen e Cherles Bronson, ma soprattutto
ha come protagoniste del cibo che decide di ribellarsi.
Chicken Run is an animation movie that became a real cult for many
different reasons: it is one of the very few shot in stop motion, in 2000 it was a real blockbuster at the box office both American and international, it’s
inspired to the epic film The Great Escape with Steve MaQueen and Charles
Bronson and above all its protagonists are food that decides to rebel.
Gaia e’ una gallina intelligente
e organizzata che coordina il resto delle galline e ogni giorno (insieme al suo
uovo) cova un nuovo piano per fuggire dal pollaio/campo di concentramento. I
fallimenti saranno tanti quanti i tentativi, ma lei non ha nessuna intenzione
di desistere. Diventa ancora piu’ imperativo fuggire quando le galline scoprono
di essere destinate a diventare dei pasticci di pollo!
Ginger is a clever and organized chicken that coordinates all the
others and every day (together with her egg) creates a new plan to escape from
the henhouse/camp. Her failures are as much as her attempts, but she has no
intention to desist most of all when she finds out the farm owner decided to
transform all the chickens in valuable chicken pies!
Il film ha un finale divertente e
insapettato e ve lo consiglio caldamente! In ogni caso vi consiglio anche di
provare questo fantastico pasticcio di pollo (chicken pie) che ho trovato sul
sito dello chef inglese Jamie Oliver ;)
The movie’s ending is fun and unexpected and I think you should
definitely watch it! In any case, you should also definitely try this fantastic
chicken pie that I found on Jamie Oliver’s website ;)
Ingredienti: 700gr di petto di pollo, 200 gr di funghi,
2 porri, 30gr di burro, 50gr di farina, 100ml di panna
da cucina, 400ml di brodo di pollo, olio, sale, pepe,prezzemolo o timo, 1 uovo, 2 fogli di pasta brise’.
Affettate i porri e i funghi e tagliate a listarelle il
pollo. In una padella fate soffriggere in tre cucchiai di olio il porro fino a
che non appassisce poi aggiungete il pollo e fatelo cuocere a fiamma alta per
qualche minuto. Abbassate la fiamma e aggiungete anche i funghi e un po’ di
brodo di pollo.
Cut the leeks, the mushrooms and the chicken. In a pan put three spoons
of oil and cook the leeks for at least 10 minutes then add the chicken at a
higher flame for a few minutes. Lower the flame and add also the mushrooms and a
little of chicken stock.
Nel frattempo in una casseruola
sciolgliete il burro e aggiungete la farina per fare un roux che allungherete
con il brodo di pollo continuando a mescolare perche’ non si formino i grumi.
Quando avrete una crema versatela nella padella con il pollo insieme alla panna
da cucina e al prezzemolo e lasciate sul fuoco per 10 minuti. Poi spegnete,
aggiustate di sale e pepe e lasciate raffreddare.
In the meantime in a casserole melt the butter and add the flour to
make a roux in which you’ll incorporate the chicken stock. Keep mixing to keep
the cream smooth and add to the pan with the chicken together with the creme fraiche and parlsey (or thyme if you prefer). Cook for ten minutes, turn off the
flame, add salt and pepper and let cool.
In una teglia da forno imburrata
stendete la parte sotto della pasta che dovete bucherellare, poi versate il
composto con il pollo partendo dal centro per creare una montagnetta. Coprite
con altra pasta, fate dei buchi per il vapore con una forchetta e poi
spennellate con l’uovo sbattuto.
Put the pie crust in a baking pan and make some holes in the bottom
part with a fork then pour the filling. Cover with more crust, seal the borders
and make some more holes on the top to let the vapor out. Then spread some egg
on it.
Infornate a 190 gradi per 40/50
minuti fino a che la superficie non sia dorata. Lasciate raffreddare per almeno
15 minuti per far rapprendere un po’ il composto all’interno.
Bake for 40/50 minutes at 190 degrees until the top part is golden. Let
cool for 10 minutes if you don’t like the filling too creamy.
Remake americano di un film tedesco con Sergio Castellitto, "Sapori e Dissapori" ha la capacita' di dimostrare quanto il cibo cucinato con il cuore e la "pancia" invece che con la testa e la tecnica possa cambiare la vita.
La talentuosissima chef Kate, nella versione americana interpretata da Catherine Zeta-Jones, ha un palato fine, una tecnica sopraffina, autorevolezza in cucina, ma non trasmette passione nei piatti che cucina, solo perfezione. Se ne accorge la nipotina Zoe, rimasta orfana di madre, che non riesce a mangiare nulla di quello che le prepara la zia.
Il cibo che tocca il cuore della piccola Zoe sarà quello del bel Nick: nuovo cuoco assunto come secondo di Kate e grande conoscitore della cucina italiana.
Non c'e' bisogno di raccontarvi il finale della pellicola :)
Cavallo di battaglia di Kate sono le quaglie in salsa di zafferano. Io per fare un mix tra alta cucina e cibo che viene dal cuore ho trovato per voi la ricetta del "Pollo in salsa di miele e zafferano".
Ingredienti per 4 persone: 500 gr di patate, 1 kg di pollo (io ho usato le sottocoscie), 2 cipolle, 1 cucchiaio di miele, una bustina di zafferano, olio, rosmarino, olive denocciolate, sale, pepe.
Si fanno fondere le cipolle tritate in pentola con un po' di olio e si aggiungono i pezzi di pollo in modo che si indorino. Poi si versa il miele lasciandolo caramellare leggermente.
A questo punto si puo' mettere lo zafferano, il rosmarino, sale e pepe quanto basta e si aggiunge un bicchiere di acqua. Si copre la pentola e si fa cuocere il tutto a fuoco medio per circa un'ora.
Dopo mezz'ora di mettono a cuocere in pentola anche le patate tagliate a meta'.
Si deve mescolare in modo che le pietanze non si attacchino nel corso della cottura e dieci minuti prima di servire si aggiungono anche le olive.