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domenica 29 maggio 2016

THEO TRAVERS CI SVELA I SEGRETI DELLA WRITERS' ROOM DI UNA SERIE TV

Non posso che essere super fiera del mio blog questa settimana: dopo aver analizzato il  libro Totally Lost insieme al suo autore Mauro de Marco ho avuto la grande opportunita' di intervistare THEO TRAVERS, uno degli sceneggiatori del serial americano HOUSE OF LIES.

Theo e' stato cosi' generoso da aprirci porte della writers' room, ovvero la fatidica sala conferenze dove si riuniscono gli autori di una serie quando pongono le basi di una nuova stagione, e da condividere le esperienze che l'hanno portato ad essere uno sceneggiatore di successo nel competitivo show biz losangelesiano.

Non vi rubo altro tempo perche' sono sicura che non vediate l'ora di conoscerlo meglio!

Parlaci di te: quali sono le tre esperienze che ti hanno portato a questo punto della tua carriera?
Sono nato a Chicago, figlio di una musicista classica e di un meccanico di aerei militari. Entrambe le carriere dei miei genitori mi hanno influenzato a diventare uno scrittore. Infatti, anche se uno sceneggiatore ha bisogno di un profonda capacita' creativa, deve anche comprendere le restrizioni di budget e di tempo e tutti gli aspetti della produzione televisiva. E' un po' come comporre un opera e aggiustare un motore allo stesso tempo!

Inoltre, sono stato fortunato ad aver scoperto un interesse nei confronti della sceneggiatura quando ero molto giovane perche' non avevo la minima idea che ci sarebbero volute 2 decadi per "farcela". Ho cominciato a scrivere video fin dalle superiori, poi ho visto che nei crediti del film "Boyz N the Hood" il filmmaker John Singleton ringraziava il Filmic Writing Program dell'Universita della California del Sud (USC) e la cosa mi colpi' come un fulmine. Non avevo proprio immaginato che si potesse andare a scuola per studiare come fare i film! Tutto questo, naturalmente, accadeva nei Tempi Oscuri del P.I. (Prima di Internet) e la scoperta fu per me un momento fondamentale, perche' ha reso un progetto tangibile quello che poteva sembrare solamente un sogno. Ho fatto di tutto per alzare i miei voti per poter fare domanda nelle universita' piu' prestigione e, alla fine, anche se ero stato accettato alla USC ho deciso di iscrivermi alla New York University perche' sapevo che vivere nella Grande Mela avrebbe acceso il mio cervello all'ennesima potenza.

La seconda cosa che ho fatto per supportare la mia carriera e' stato, stranamente, prendere un'altra strada. Dopo anni vissuti a New York tentando di sfondare come scrittore sono tornato a casa in Georgia. Non mi stavo dando per vinto, ma semplicemente mi sono dato la possibilita' di chiarirmi le idee, di risparmiare dei soldi e di cercare un approccio differente perche', evidentemente, quello che stavo facendo non era giusto! Il cambiamento di scenario mi ha dato l'opportunita' di fare un lavoro che probabilmente non avrei potuto fare da nessun'altra parte -- il news reporter nella stazione televisiva che mi aveva accolto come stagista quando ero alle superiori o nelle pause universitarie. E' venuto fuori che i direttori di TG cercano esattamente la stessa cosa dei produttori di Hollywood: una buona storia. In tre anni sono stato catapultato in un mondo diverso, ho vinto alcuni premi giornalistici, ho affinato le mie capacita' di scrittore dovendo cercare contenuti ogni giorno con una deadline molto stretta, ho imparato moltissimo da un diverso gruppo di persone e a volte mi divertivo talmente tanto che perdevo di vista quale era il mio scopo finale.

Il che mi porta alla terza cosa giusta che ho fatto per me stesso e la mia carriera: trasferirmi a Los Angeles. La maggior parte delle decisioni creative cinematografiche e televisive sono prese qui. Tutti i network televisivi, le majors, le case di produzione e le agenzie di talenti agiscono in un raggio di 12 miglia e la maggior parte delle persone che ci lavora vive ad LA. Certo puoi scrivere ovunque, girare un film indipendente, vincere festival e magari ottenere una certa popolarita', ma prima o poi sarai chiamato per un meeting e quel meeting sara' fissato a Los Angeles! Ho deciso di ridurre le distanze e venire alla fonte e la cosa meravigliosa e' che ho scoperto che adoro vivere qui: non c'e' niente di meglio che avere il sole tutto l'anno.

"House of Lies", la serie TV che hai sceneggiato per 5 anni e' stata mandata in onda anche in Italia sulla piattaforma Sky. Raccontaci da dove siete partiti per scrivere la trama.
House of Lies incarna la satira sovversiva americana al proprio massimo e, allo stesso tempo, e' un baccanale ambientato nel mondo del managment consulting. Pensa ad "Una Notte da Leoni" delle commedie "da ufficio"! E' volgare, e' sporca, e' bruciantemente onesta. Don Cheadle e Kristen Bell sono Marty Kaan e Jeannie Van Der Hooven, due delle moltissime persone assunte dalle grandi societa' per risolvere i loro problemi di gestione. Spesso "risolvere" significa licenziare un'intera porzione dell'azienda o cacciare un CEO portaguai con uno stipendio stellare. Il creatore dello show Matthew Carnahan, come molte persone si era infuriato per via del comportamento sconsiderato tenuto dalle corporations e dalle banche che ci ha condotto alla crisi finanziaria del 2008. E questa era la sua risposta creativa per riprendersi da una recessione nella quale si troviamo ancora. Gli eroi di House of Lies riflettono le parti piu' cinice di noi stessi e i clienti che loro spennano sono ancora peggio, questo ci rende piu' facile tifare per loro.


Sono cusiosissima (come immagino i miei lettori) di sapere cosa succede nella writers' room quando si pongono le basi di una nuova stagione di una serie TV: qual'era il processo creativo del tuo team e come veniva diviso il lavoro? (siamo anche interessati a sapere come vi organizzate per il pranzo :)
Ti diro' un segreto: non succede assolutamente nulla nella "writers' room" prima che tutti si siano serviti il caffe' e si sia deciso cosa mangiare per pranzo. Dico sul serio! Puo' passare un'ora intera sull'argomento cibo prima che si possa cominciare a lavorare.

Naturalmente ogni serie e' diversa. Il nostro gruppo di sceneggiatori era composto da 5 persone. Ci incontravamo tutti i giorni dalle 10 alle 17 in una stanza con un tavolo al centro e un gran numero di lavagne bianche tutte intorno. Cominciavamo il lavoro raccontandoci esperienze personali, idee che avevamo sulla serie, e a volte lasciando divagare la mente anche su argomenti che non avevano nulla a che fare con la trama: era un'esperienza decisamente drenante sia dal punto emotivo che mentale (specialmente per l'assistente che doveva prendere appunti per distribuire un report giornaliero sui nostri progressi).

Una volta decisa la trama della stagione, discutevamo "per punti" i vari episodi tutti insieme, ovvero, definivamo la storia principale e il cambiamento a sui sarebbero stati sottoposti i personaggi. Ogni volta che trovavamo uno spunto che funzionava uno di noi si alzava e lo appuntava sulle lavagne in modo da avere sempre sottocchio tutte le questioni che dovevano essere al centro delle nostre sceneggiature. Una volta che tutto e' chiaro i produttori esecutivi assegnavano a se stessi o al resto dello staff le singole puntate. A quel punto ognuno di noi tornava nel proprio ufficio o a casa per scrivere le scalette e i dialoghi. Ci scambiavamo sempre le nostre impressioni sul lavoro prima di inviare al network (ndr l'emittente Showtime) gli script anche perche' una sceneggiatura televisiva e' un'opera in costante revisione partendo dalla produzione passando dai registi e spesso anche dagli attori quando cominciano le prove. E' un processo creativo molto divertente e organico.

Segui una particolare routine quando scrivi?
Certo, prima di tutto mi faccio prendere dal panico...poi mi dispero e poi, quando non c'e' piu' tempo per il panico, comincio a scrivere qualcosa che risulta abbastanza buono. A quel punto ho qualcosa su cui lavorare e lo perfeziono. Di solito preferisco scrivere la mattina (dopo il caffe') o la sera tardi quando non ho distrazioni. Quando non ho deadline troppo vicine scrivo a mano su un blocco, cosa che trovo meno inquitante del cursore che del computer che mi guarda mentre tento di concentrarmi.

Anche se l'esperienza di House of Lies e' finita, sono sicura che tu abbia molti altri progetti sui quali stai lavorando. Dove trovi l'ispirazione? La vita reale, il tuo background di giornalista, libri, film, tv...la tua creativita'?
Qualsiasi cosa puo' essere materiale grezzo per una storia. Chiunque sia o viva con uno scrittore lo sa molto bene. La scintilla di un'idea puo' venire dall'osservare uno spazio pubblico o dal leggere una frase in un libro. Ti confesso che io tengo una "banca" di idee, un file nel quale inserisco qualsiasi idea folle che mi venga per un film, serie TV o per un personaggio interessante. Quando decido su che progetto lavorare, pero', tengo sempre a mente anche delle considerazioni di commerciabilita' e comunque cerco sempre di scrivere un pezzo che mostri le mie capacita' e il meglio di quello che possa o voglia fare. Mi piace scrivere dialoghi colloquiali e leggeri che rivelino molte piu' cose in cio' che non viene detto e sono molto "filmico" nel modo di immaginarmi le storie. Per questo tendo a raccontare piu' nella parte descrittiva della sceneggiatura e lasciare che i diloghi giochino contro cio' che viene visto.

Quale e' la tua serie preferita?
Il mio show preferito di sempre e' THE TWILIGHT ZONE. Penso che il creatore Rod Serling sia stato un vero precursore dei tempi parlando di questioni sociali attraverso parabole fantascientifiche. Anche solo sentire la sigla iniziale bastava ad inchiodarmi davanto allo schermo. Inoltre, il format antologico (molto in voga oggi) ci dava la possibilita' di vivere ogni volta un'esperienza diversa dando a ciascun episodio un tono unico e differente sia dal punto di vista della rilevanza sociale della trama che dell'intrattenimento. Adesso che ho esperienza di televisione provo ancora piu' rispetto per lo show, soprattutto per come gli sceneggiatori sono stati capaci di scrivere una tale quantita' di trame ispirate senza la convenienza dei mezzi teconologici moderni come le email o lo streaming digitale dei giornalieri. E' veramente scioccante.

Passiamo al cibo! Puoi condividere con noi la tua ricetta preferita e la storia che la caratterizza?
Mia madre lavorava moltissimo quando ero un bambino: insegnava a scuola, dava lezioni private di canto e di piano e suonava l'organo per la funzione in chiesa. Non aveva molto tempo da passare in cucina, quindi quando lo faceva era un vero regalo. Uno dei suoi piatti che amavo di piu' e la CHEESECAKE ALLA FRAGOLA. La faceva probabilmente una volta all'anno nel periodo di Natale e se, anche adesso, ho bisogno di qualcosa per tirarmi su di solito questa torta mi aiuta.

Ingredienti: per la base 300gr di biscotti friabili integrali, 180gr di burro freddo, 120gr di zucchero di canna. Per il ripieno 500gr di Philadelphia, 150gr di zucchero, 3 cucchiai di succo di limone, estratto di vaniglia, un pizzico di sale, 3 cucchiai di farina, 3 uova. Per la decorazione 300 ml di panna acida, 3 cucchiai di zucchero, 1/ cucchiaino di estratto di vaniglia, fragole intere, salsa ai frutti di bosco.

Preriscaldate il forno a 180 gradi e nel frattempo preparate la base. Spezzettate i bisotti e frullateli finemente in un mixer, poi aggiungere lo zucchero di canna e il burro tagliato a cubetti e continuate a mixare fino a che il tutto non si sia amalgamato. Foderate la tortiera con carta da forno e stendete il composto sulla base e sui lati per 2/3 centimetri. Cuocete in forno per 10 minuti, poi lasciate raffreddare e nel frattempo preparate il ripieno (PS non spegnete il forno).

Mescolate in una terrina la Philadelphia a temperatura ambiente, lo zucchero, il succo di limone, l'estratto di vaniglia e il sale. Continuando ad amalgamare il tutto aggiungete prima la farina poi le uova. Versate il ripieno nella teglia e infornate per 55 min fino a che la superficie non sia sollevata e un po' crepata ai lati. Fate raffreddare per 10 minuti e nel frattempo preparate la prima decorazione (PPS non spegnete il forno).

Mescolate in un'altra terrina la panna acida con lo zucchero e l'estratto di vaniglia. Stendetela con un cucchiaio su tutta la torta e infornate per 5 minuti fino a che non si rassodi. Ora potete spegnere il forno :) fate raffreddare la torta per una notte e il giorno dopo decoratela con le fragole intere e la salsa di frutti rossi.


domenica 13 settembre 2015

DA "BIRDMAN" ALLE COSTOLETTE IN SALSA DI CILIEGIE: I SEGRETI DELLO SCENEGGIATORE ALEXANDER DINALARIS

I’m back! Il viaggio di nozze intorno al mondo è stato assolutamente spettacolare e spero che abbiate avuto la possibilità di seguire le nostre avventure su Facebook, Twitter o Instagram e di scoprire insieme a noi bellissimi paesaggi, affascinanti città e gustosissimi piatti che non vedo l’ora di ricreare.
Alexander Dinelaris e Michael Keaton
ai Golden Globes 2015
Se avete ascoltato la prima puntata di “Guido al Cinema” in onda da oggi fino alla prossima estate tutte le domeniche su Radio Deejay alle 13 sapete già che mentre mi trovavo negli Stati Uniti ho intervistato Alexander Dinelaris Jr. uno dei quattro sceneggiatori del pluripremiato film “Birdman”. Classe ’68, Alexander, si è fatto conoscere nell’ambiente teatrale newyorkese tramite il suo lavoro di autore con piece come "Still Life", "Red Dog Howls" e il musical basato su "The Bodyguard" che hanno attirato l’attenzione di molti colleghi tra cui il regista messicano Alejandro Iñarritu. Insieme a Iñarritu, Nicolás Giacobone e Armando Bo ha scritto il suo primo film che gli ha regalato un Oscar e un Golden Globe per la miglior Sceneggiatura Originale.

Non mi sono lasciata scappare l’occasione di porgergli domande sulla sua carriera, gli Academy Awards, i progetti futuri, la sua ricetta preferita e…di chiedergli un segreto riguardante la sceneggiatura di Birdman: volete scoprirlo anche voi???

Da dove è cominciata la tua carriera? Ti ricordi il momento in cui hai pensato “Quello che voglio fare è scrivere?”
In realtà non ho mai preso la decisione di fare lo scrittore. Per gran parte della mia vita ho lavorato nella ristorazione per mantenermi e pagarmi gli studi e il mio sogno è sempre stato quello di diventare un regista teatrale. Purtroppo lavorando in un ristorante non trovavo mai il tempo di concentrarmi sulla mia carriera di regista. Nel 2000, all’età di circa 32 anni, una mia amica attrice mi ha chiesto aiuto per scegliere una scena da presentare in classe e non trovando nulla di adatto a lei ho scritto un pezzo senza neanche firmarlo. La messa in scena è andata talmente bene che mi ha convinto a concentrarmi sulla scrittura.
Ogni notte quando tornavo a casa dal ristorante intorno alle 2, ovviamente non avevo il tempo di dirigere una piece teatrale, ma potevo mettermi davanti al computer a scrivere. Pian piano le mie opere sono state apprezzate sempre di più e le persone che le avevano lette hanno cominciato ad ingaggiarmi per scriverne altre. Perciò si può dire che sia diventato uno scrittore "per caso".

Quale e’ la battuta che hai scritto e che ti rappresenta al meglio?
Tra tutte le battute che ho ideato, teatrali e cinematografiche, tengo particolarmente a quelle che contengono una certa dose di verità. Ricordo con emozione una scena di “Birdman” interpretata da Ed Norton ed Emma Stone che ho scritto io, anche se noi 4 sceneggiatori lavoravamo a stretto contatto.
I due personaggi stanno giocando a “obbligo o verità” seduti sul balcone esterno del teatro e lei gli chiede se vuole fare sesso, quando Ed/Mike le risponde di no Emma/Sam lo provoca dicendo "Se non avessi paura, che cosa vorresti farmi?”.
Da dove si trovano si vede una delle più belle ed evocative strade di Broadway, la 45esima, lui si avvicina e le confessa "Ti toglierei gli occhi dalla testa, e li metterei al posto dei miei per guardarmi attorno, così potrei vedere questa strada come la vedevo alla tua età".
Sono veramente legato a questa battuta perché è molto personale. Appena cominci a lavorare nel mondo del teatro e' tutto molto romantico e senti le farfalle nello stomaco, purtroppo dopo un certo periodo di tempo ti sembra che non ci sia più nulla di eccitante e il sentimento iniziale comincia a scomparire. E’ questo che prova personaggio di Edward e che ho provato spesso anche io. Ed è proprio quando qualcosa è vero e personale che prendono vita le battute migliori.

Le opere teatrali comunicano con un pubblico dal vivo mentre i film passano attraverso il filtro dello schermo. Voi, grazie alla particolare scelta del regista Iñarritu di seguire da vicino i personaggi con la camera siete riusciti a trovare un compromesso tra i due. Avete ideato un nuovo genere di teatro/cinema?
La scelta di ambientare la nostra storia in un teatro è stata presa per adattare la forma alla funzione. La visione iniziale di Alejandro era una commedia noir che esplorasse i meandri dell’ego e l'ibrido teatro/cinema ne è diventato l'ambientazione perfetta. Cosa poteva esserci meglio del teatro? Il teatro è pieno di ego, di monologhi e si presta anche all'intuizione di girare il film come se fosse un’unica ripresa.
Naturalmente il genere “teatrale” era già stato sfruttato prima di noi, penso ai film di Cassavetes e ad alcune pellicole di Woody Allen. Loro hanno creato una specie di teatro nel cinema raccontando una storia con le immagini e girando scene molto lunghe e recitate in maniera introspettiva. Non penso che abbiamo ideato un nuovo genere forse si può dire che, con Birdman, abbiamo “reinventato” il genere.

Difatti vi siete spinti oltre e avete inserito anche la figura del supereroe!
La verità è che anche qui si tratta di una questione di forma che si adatta alla funzione. I film di supereroi stavano dominando il botteghino da alcuni anni, se fossero stati i film western ad essere distribuiti maggiormente, avremmo scritto qualcosa legato a questo genere. La scelta sembrava appropriata al momento che stiamo vivendo e in più il supereroe rappresenta la definizione dell’ego. Era troppo perfetto: Birdman è diventato l’ego di Riggan.

Ci puoi raccontare un segreto sulla sceneggiatura di Birdman che non hai ancora detto a nessuno?
E vuoi che lo racconti a te???

Certo!
Ok! C’e’ stato un tempo prima che Birdman fosse Birdman in cui non era un supereroe a seguire il protagonista per il teatro, ma un famoso attore shakespeariano di nome Edwin Booth (n.d.r fratello di John Booth che assassinò Lincoln). Il film doveva avere luogo all’interno del teatro a lui dedicato su Broadway e avevamo immaginato che il fantasma del grande attore, magari interpretato da un Al Pacino con un lungo mantello nero, desse del filo da torcere a Michael Keaton dietro le quinte…ad essere sincero non avevamo ancora firmato con Michael e non avevamo contattato neanche Al Pacino…. (ride) Eccoti il tuo segreto!!

Dinelaris e' il terzo da sinistra
Non oso immaginare la grande emozione di vincere un Oscar: che progetti ti sono stati proposti dopo il 22 febbraio?
La cosa strana è che prima di vincere l’Oscar, noi quattro (Alejandro, Nico, Armando ed io siamo comunque amici e ci piace lavorare insieme), avevamo già deciso quale sarebbe stato il nostro successivo progetto. Questo perché quando abbiamo scritto Birdman non pensavamo che avremmo vinto dei premi….anzi non sapevamo neanche se il film avrebbe avuto degli spettatori! Perciò qualche tempo prima degli Academy Awards abbiamo accettato di creare per il canale Starz una serie televisiva intitolata “The One Percent” scritta da me e Nico e diretta da Alejandro. Per il momento non posso prendere in considerazione tutte le meravigliose offerte che sono arrivate dopo l’arrivo della statuetta perché stiamo lavorando a tempo pieno alle 10 puntate che andranno in programmazione in autunno 2016.

Però, nel frattempo hai trovato anche il tempo di scrivere un musical!
Si! Ho scritto il libretto di “On Your Feet” per Gloria ed Emilio Estefan basandomi sulla storia della loro vita e sulla loro esperienza Cubano-Americana. L’abbiamo già testato sulla piazza di Chicago per 6 settimane ed e’ andato veramente bene. Ora è arrivato il momento di portarlo a New York: cominciamo le prove in un teatro di Broadway il prossimo 15 settembre e andiamo in scena a partire dai primi di ottobre anche se la data ufficiale di apertura dello spettacolo sarà il 5 novembre. E’ veramente fantastico per me avere uno show che debutta a Broadway.


Sei uno scrittore davvero poliedrico: scrivi prosa, musical, cinema, televisione. C’e’ una forma di scrittura che prediligi sulle altre?
Sono tutte diverse, ma allo stesso tempo hanno tutte lo scopo di raccontare una storia. In questo periodo mi sto concentrando sulla televisione, fin da bambino sono stato affascinato dal cinema e ho fatto teatro tutta la mia vita. Poter scegliere rende il mio lavoro ancora più appassionante perché posso fare sempre cose diverse e non rimango bloccato in un solo genere.
Ci tengo a sottolineare che sono grato per quello che mi sta succedendo. Il vero miracolo è che ognuno di questi progetti, debuttare con un musical a Broadway, scrivere un TV show per un network nazionale o vincere un Oscar per la migliore sceneggiatura, sarebbe il sogno della vita. A me sta succedendo tutto in un anno quindi me ne sto a testa bassa e spero che nessuno si accorga di quanto sono fortunato.

Raccontaci la tua ricetta preferita.
Sono un grande appassionato di cucina grazie all’esperienza che ho fatto nei ristoranti e mi piace moltissimo cucinare per la mia famiglia. Voglio condividere con te il piatto che ho preparato per mia moglie quando eravamo ancora fidanzati e l’ho invitata per la prima volta nel mio minuscolo appartamento di New York. 

Le ho cucinato le costolette di maiale con una salsa davvero speciale. Prendi le costolette di maiale tagliate alte e le condisci con molto sale grosso in modo che si tosti in padella. Poi aggiungi pepe, origano, mostarda e un tocco di miele (just a touch) per addolcire. Le cuoci in una padella a fuoco alto perché siano ben rosolate all’esterno, ma tenere all’interno e poi aggiungi la salsa….alle ciliegie!

La prepari come una tipica salsa al pomodoro, però, l’ingrediente principale sono le ciliegie che fai soffriggere con aglio e cipolla e poi cuoci condendo con jalapeno, sale, pepe e coriandolo fresco. Quando le costolette sono pronte, servile con la salsa sopra. Sono piccanti, dolci e salate allo stesso tempo: una vera meraviglia.